Di Sedaris mi piace il modo in cui tira fuori l’umanità dell3 altr3; in ogni situazione smonta i ruoli e le costringe a essere persone anche contro la loro volontà. Lo fa con le domande dirette, e all’apparenza bizzarre, come quando a una commessa chiede del suo primo fidanzato, e in generale l’atteggiamento è quello di una invasione della sfera privata che contraddice sistematicamente i cosiddetti rituali di deferenza (per come la intende Goffman).
Ciò detto, Calypso è un romanzo autobiografico, e in quanto tale non so quanto possiamo fidarci della sua auto-descrizione e della descrizione che restituisce della sua famiglia. In effetti, forse una critica si potrebbe fare alla spettacolarità delle situazioni che crea. Senz’altro quando affronti la vita con sorpresa finisci spesso e volentieri per trovarti in situazioni davvero sorprendenti. Ma quando esageri c’è l’effetto macchietta che è sempre lì dietro l’angolo.
C’è comunque il modo in cui Sedaris usa le storie e gli aneddoti non per costruire i ruoli ma per distruggerli, e questa è una bella pratica da tenere a mente.