6 spunti per mondi non binary

Anche quest’anno ho partecipato al tavolo di lavoro della Trans* March di Torino. Come è andata è difficile dirlo (una cronaca e qualche considerazione qua). Mi sembrava comunque interessante condividere il testo di un discorso sulla non-normatività di genere e contro l’essenzialismo trans*, rielaborato a partire dal manifesto politico che abbiamo scritto l’anno scorso.

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Trans* March 2024 – Foto di Marina Zaia
1.

Siamo persone trans* e siamo qui a puntare il dito contro la norma cis-etero-patriarcale.

Viviamo in un sistema che ci tollera solo in quanto devianti, in quanto pazienti, in quanto corpi che hanno bisogno di essere curati. Viviamo un giudizio costante sulle nostre identità che prende la forma della patologizzazione. Viviamo la paura di essere vist3 come sbagliat3 e la violenza, fisica e non, che potrebbe derivarne, che ci rende così difficile fare coming out ed esplorare il nostro genere liberamente. Troppo spesso l’essere trans è vissuto come un ostacolo, e non dovrebbe esserlo.

Siamo qui perché vogliamo che la legittimità dei nostri corpi sia rispettata, che sia riconosciuta la moltitudine e la varietà delle esperienze trans*, in tutte le loro forme.

Pretendiamo la nostra autodeterminazione, la scelta libera su noi stessз e sulle nostre vite. Negarla è una violenza.

2.

Critichiamo e rifiutiamo il concetto di passing, prodotto dello sguardo cis-etero-patriarcale. Uno sguardo che giudica e norma i nostri corpi, ma che abbiamo anche introiettato noi stess3, per giudicare e valutare la nostra performance di genere. 

Quando mi dici, come complimento, che “non sembro trans*”, stai dicendo che essere trans* è indesiderabile, apparire trans* è indesiderabile. Ma essere cis non è meglio di essere trans, non lo è mai stato e non lo sarà mai.

Il passing non è una conquista, ma un privilegio di cui essere consapevoli. Chi non soddisfa i requisiti del passing è più espostз a violenza, e di questa vulnerabilità noi dobbiamo farci carico come comunità.

I nostri percorsi di affermazione sono sempre validi e vanno sempre rispettati, al di là di ciò che è visibile. I nostri corpi non sono involucri da modificare e rendere “migliori”. I nostri corpi siamo noi.

3.

Il genere è uno spettro, ha molteplicità e sfumature.

Critichiamo il binarismo di genere e l’ideologia eterosessista su cui si fonda. Il maschile e il femminile come due opposti che si completano a vicenda, irriducibili l’uno all’altro. Una separazione che ha creato incomunicabilità, frustrazione e violenza. Il binarismo non crea due poli opposti, ma due livelli di una gerarchia, dove uno può solo dominare e l’altro deve sottomettersi.

Vogliamo che maschile e femminile smettano di essere posti a metro di giudizio per tutti i nostri generi. Noi auspichiamo la fine del genere.

4.

Pretendiamo di esplorare le nostre identità, decostruirle, ricostruirle più e più volte, come desideriamo. Rivendichiamo la nostra creatività.

Non esiste una transizione “standard”, non “completiamo la transizione”. Quelli che il sistema medico ci impone come obiettivi, sono modelli binari e normativi, disegnati da persone cisgender e da una cultura patriarcale.

Rivendichiamo la possibilità di scegliere per noi stess3 cos’è la partenza e cos’è l’arrivo, di spostarli, e anche di rifiutare l’idea di una partenza e di un arrivo. Rivendichiamo la validità di tutti i percorsi non medicalizzati, al pari di tutti quelli medicalizzati, a qualsiasi età e in ogni condizione.

5.

Siamo stanchз delle ingerenze del personale medico e psicologico.

Vogliamo decidere in autonomia come transizionare, secondo il modello del consenso informato. Vogliamo avere accesso alle informazioni che riguardano i nostri corpi e la nostra salute. Denunciamo il gatekeeping che ci porta spesso a nasconderci o a mentire per poter accedere alle transizioni medicalizzate, al prezzo della nostra salute.

Ogni persona trans* è abbastanza trans, e ogni transizione è diversa.

6.

Vogliamo prendere la parola in ogni spazio, a partire dalle istituzioni educative. Vogliamo portare le nostre storie nel discorso pubblico, e non stare ad ascoltare le parole con cui un sistema patriarcale e binario ci racconta.

Ogni giorno noi plasmiamo nuovi linguaggi e nuove parole per esistere. La lingua cambia dal basso, con le esigenze di chi la parla. Quindi vogliamo sperimentare forme neutre, singolari e plurali. Forme che sfidano la nostra lingua così come i nostri corpi sfidano il binarismo, così come le nostre istanze sfidano il sistema.

La nostre voci non si fermano.

* * *

La nostra rabbia non ha una sola voce.
Transfemministe, antifascite e frocie.

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