Non era mai esistito, fra le pieghe montuose del Regno, un luogo rigoglioso come gli Alti Colli. Qui, fra i giardini e gli orti curati, sorgeva l’antico monastero. Si dice che nel suo periodo d’oro, sotto il Cardinale Felicitas, vi regnasse la più profonda quiete di cui l’uomo poté godere dopo la cacciata.
Una mattina, all’inizio dei raccolti, un monaco di nome Bernardo da Cino fu fatto chiamare nella stanza del priore. Sola, in piedi vicino a una finestra, c’era una giovane contadina. L’attendeva a testa alta, e infine domandò: «Voi sapete chi sono?». Il monaco non lo sapeva, ma la giovane non se ne risentì. «Sono Laura, vostra figlia».
Bernardo, ancora sulla porta, la scrutò, e seguitò a tacere.
«Mia madre mi manda a chiedere aiuto. È stata arrestata e presto sarà giustiziata se voi non intercedete.»
Il monaco prese dal tavolo una Bibbia dalla rilegatura consumata e la sfogliò. «Sanno chi siete?»
«No,» rispose lei, «ma vi raccomando di seguirmi, prima che qualcuno lo scopra… sarebbe terribile se qualcuno lo scoprisse.»
Il monaco arricciò la bocca e lasciò cadere la Bibbia sul tavolo. «Vi aiuterò, ma per carità state zitta!»
Non era ancora mezzogiorno, che Bernardo e la giovane si lasciarono alle spalle i colli, e a dorso di mulo si diressero in città.
Per molte ore la ragazza interrogò l’orizzonte. Il monaco di tanto in tanto mormorava fra sé una preghiera.
«Non ricordate mia madre, vero?»
Il monaco scosse le spalle. «Sono passati tanti anni. Ero un cinico…»
«Cosa volete dire?» lo interruppe.
Bernardo non rispose. «Ma conosco il Cardinale Felicitas, è uno che guida le anime peccatrici verso Dio. Lo fece con me, e lo farà con vostra madre.»
S’iniziavano a scorgere le torce accese entro le mura della città; i due allungarono il passo accanto al mulo.
«Cos’ha fatto?» chiese il monaco.
«Ha rubato a Dio.»
«Vivete sole?»
Laura non rispose.
All’alba il Cardinale Felicitas ricevette Bernardo da Cino. Sedeva dietro a un lungo tavolo sul quale era aperta una Bibbia miniata. Per la prima volta, sembrava avere il volto lungo e avvizzito dagli anni.
«Sono venuto a chiedere la grazia per un prigioniero, una contadina che osò rubare a voi.»
Il Cardinale strabuzzò gli occhi e le rughe gli si stirarono. «Così vi fate avanti, Bernardo da Cino. Ma dite, vi hanno forse chiesto d’intercedere per la sua anima?»
Bernardo chinò il capo. Leggeva l’angoscia nel proprio volto riflesso sul pavimento levigato.
«Cosa volete?» proruppe il Cardinale, «E chi sarebbe questa donna?»
«Non so dirlo con certezza, Sua Eminenza.»
Ora gli occhi del Cardinale si fecero piccoli sotto le folte sopracciglia, e come due stiletti punsero il monaco fin nella sua coscienza sporca. Poi all’improvviso, come ricordandosi qualcosa, il Cardinale cambiò espressione. Sorrise con la dolcezza del buon pastore. «Vi sono affezionato, Bernardo, lo sapete. Se non volete dirmi chi è la donna, sta bene, dovrò fidarmi di voi. Ma voi farete ciò che vi chiedo?»
Bernardo sfiorò il rosario sotto il saio. «Naturalmente,» rispose.
Il Cardinale chiamò un messo e gli parlò a bassa voce. Il messo uscì nel corridoio. «Ucciderete un uomo?» riprese il Cardinale.
«Come? Uccidere? Ma… che nessun uomo uccida…»
«Certo, lo so,» lo interruppe il Cardinale, «ma voi non siete solo un uomo. Da quando siete entrato da questa porta, voi fate parte della casa di Dio, e noi puniamo secondo la volontà di Dio.»
«Non capisco come…»
Ma prima che dicesse altro, il messo rientrò portando con sé altra gente: due guardie, un anziano vestito da mendicante, e una donna.
«Sua Eminenza,» rantolò il monaco, «Dio mi è testimone, non ho mai ucciso.»
Il Cardinale non si volse. Ammirava i due prigionieri: il vecchio scalzo, con gli occhi asciutti, e la donna, di un’insolita bellezza nonostante gli abiti modesti. Il messo consegnò al monaco un pugnale.
«Bernardo, io vi conosco, so che siete un sincero servo di Dio. Vi presentate qui a chiedere indietro l’anima di una donna… un’anima avete già avuto, dico bene?»
Bernardo non rispose.
«D’accordo, ve la concedo. Ma restituite a Dio un’anima almeno. Che lo facciate voi o il boia non ha importanza…»
Bernardo stette un momento di fronte al vecchio prigioniero, così magro che sarebbe bastato uno schiaffo ad ammazzarlo. Il suo volto era pallido, gli occhi vuoti. Sotto il saio il monaco sgranava il rosario, mentre con la destra stringeva il pugnale che il messo aveva portato.
«Così per mano vostra Bernardo sarà fatta giustizia,» il Cardinale sbuffò e strinse le palpebre come se non ci vedesse bene. «Questo povero servo di Dio si è insanguinato le mani anche troppo,» aggiunse. Non aveva più l’aspetto di quel saggio e maestro ch’era stato, né mostrava più l’orgoglio e la forza di chi agisce per conto di Dio. Sembrava ora soltanto un uomo avvolto in un mantello di porpora, un uomo senza più potere di difendere con le sue mani la casa di Dio, ma che con lo spirito e la volontà rifiuta di lasciarla indifesa.
Il monaco si fece avanti, e con la lama lambì il costato del vecchio. Fino all’ultimo attimo attese l’intervento dell’Angelo che bloccasse il suo braccio e portasse la Grazia. Ma l’Angelo non venne e, dopo pochi secondi di agonia, il vecchio cadde in ginocchio, sporcando di fango e di polvere il pavimento levigato della sala del Cardinale. Il suo corpo fu portato fuori, e nel silenzio della sala la voce del Cardinale risuonò: «Bernardo da Cino, siete sempre stato un buon cristiano!»
La povera donna tremava, con labbra tese e le mani giunte in grembo. Alzò il capo, e sul suo viso estraneo, Bernardo riconobbe gli occhi di una donna piena di passione e di fede, una donna che un tempo aveva amato.
«Ad ogni modo, la grazia dovete chiederla direttamente a Dio.»
Il Cardinale si avvicinò al monaco e posò una mano paterna sulla sua spalla. La donna ebbe un singulto, e dalla sua bocca uscirono due rivoli di sangue, che le macchiarono l’abito modesto e le arrossarono le labbra pie.