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D’amore e di lotta: due manifesti trans*

🕒 5 minuti di lettura

Due discorsi sull’urgenza delle politiche trans* che abbiamo scritto per il Torino Pride 2024

Il 15 giugno sono statx in corteo con il Torino Pride per rivendicare l’urgenza politica delle tematiche trans*, e in particolare di quelle legate alla salute. Per questo ho portato due discorsi: il primo, letto da Ema Mombrini al termine del corteo, è stato scritto insieme al gruppo di lavoro che l’anno scorso ha scritto il documento politico della Trans* March; il secondo, letto da me come delega alle politiche trans* di Arcigay Torino (qui il video).

* * *

Siamo il gruppo di lavoro del Coordinamento Torino Pride che ha collaborato alla Trans* March, in occasione del Tdor dell’anno scorso. Siamo persone trans e gender non-conforming, e oggi abbiamo deciso di ritagliarci uno spazio in questo Pride, per riportare all’attenzione di tuttx quello che sta succedendo e l’urgenza delle nostre istanze.

A novembre dell’anno scorso siamo sces3 in strada e abbiamo preso parola per la nostra autodeterminazione, per l’accesso alla salute e al lavoro. Oggi le cose sono in parte cambiate, e sono cambiate in peggio. Oggi ci vediamo negata anche la garanzia di poter condurre in sicurezza i percorsi medici di affermazione di genere. Questo governo sta strumentalizzando i corpi delle persone trans*, piccole e grandi, per portare avanti politiche che mirano a impedire non solo il nostro accesso ai diritti, ma quello di tutte le soggettività che non si normano.

Oggi siamo qui perché non possiamo farcela da sol3. Abbiamo bisogno che tutta la comunità si faccia carico anche delle nostre battaglie, che amplifichi le nostre voci, che prenda sul serio le nostre rivendicazioni dentro e fuori dagli spazi queer.

Di fronte a una norma cis-etero-patriarcale che ci tollera solo in quanto devianti, in quanto pazienti, in quanto corpi che hanno bisogno di essere curati rivendichiamo la nostra scelta di una vita trans*.

Rivendichiamo il diritto di autodeterminarci. Con forza, con gioia, coi dubbi, insieme e da sol3, con i nostri nomi e i nostri pronomi, con le nostre storie che siamo noi stess3 a raccontare, non medici o psichiatri. Con i nostri corpi, che non sono sbagliati e da correggere, perché noi siamo i nostri corpi.

Anche mentre combattiamo per l’accesso ai percorsi medici, vogliamo la totale depatologizzazione delle persone trans*. L’obiettivo è il riconoscimento di tutte le nostre transizioni, quelle medicalizzate e quelle non medicalizzate, e anche delle nostre de-transizioni e ri-trasizioni. Il riconoscimento dei nostri generi e corpi, vari e multiformi, comunque essi siano, disabili, grassi, neurodivergenti, razzializzati, oltre il binarismo imposto e la norma prescritta.

Rivendichiamo il nostro diritto alla salute, sia fisica che psicologica che sociale. Pretendiamo spazi che ci prevedano: scuole, famiglie, ospedali, luoghi di lavoro. Pretendiamo la tutela di tutte le infanzie trans*, delle riproduttività e delle genitorialità trans*, delle vecchiaie trans*, delle migrazioni trans*, dei coming out trans*.

Vogliamo quindi una presa di posizione netta da parte della comunità LGBTQIA+ contro la transfobia, le aggressioni e microaggressioni e tutti i modi in cui la violenza sistemica prende corpo. Perché solo senza la paura di queste violenze potremo far sentire la nostra voce, e solo facendo sentire la nostra voce potremo costruire un mondo diverso per noi e per chi vive altre oppressioni, che hanno forme diverse ma affondano le radici nello stesso sistema che ci opprime.

Questo è il momento della lotta! Lottiamo perché questo governo ci vuole negare i diritti fondamentali, lottiamo perché tanti diritti non ci sono ancora riconosciuti. Lottiamo perché non accettiamo più di aspettare.

Non ci basta essere viv3, vogliamo stare bene, vogliamo autodeterminarci.

Con rabbia ed euforia vogliamo farci sentire!

* * *

Il Pride di quest’anno è D’amore e di lotta ma noi, come persone trans* e gender non-conforming, oggi dobbiamo stare dalla parte della lotta, che ci piaccia o no.

Oggi non siamo al sicuro. La nostra salute non è garantita, dei nostri corpi si sa poco o niente. Qui in Piemonte, le persone più giovani subiscono mesi e anni di gatekeeping da parte del personale del Regina Margherita. L’unico centro pubblico in Piemonte e Valle D’Aosta che si occupa dei percorsi di affermazione per le persone maggiorenni è del tutto inaccessibile, ignora le nostre richieste di presa in carico e le richieste di trasparenza sulle liste d’attesa. Oltre la sanità, molte persone trans* hanno difficoltà a trovare una casa e un lavoro, vivono in contesti di isolamento sociale o attraversano senza documenti quartieri sempre più militarizzati.

Noi vediamo benissimo che la nostra situazione è destinata a peggiorare, perché ci sono precise volontà politiche di rendere le nostre vite impossibili. Queste elezioni ci hanno mostrato una estrema destra che non si fa scrupoli a usare i nostri corpi per fare campagna elettorale.

Proprio in queste settimane è stata formata una commissione con il compito di rivedere le linee guida per l’accesso e lo svolgimento dei percorsi di affermazione di genere, una commissione che decide della nostra salute e della salute delle nostre compagne. E su tutto questo noi non abbiamo voce in capitolo. Neanche un’associazione di persone trans* o LGBTQIA+ è stata invitata al tavolo, perché non vogliono tutelare la nostra salute e le nostre vite. Vogliono solo governare noi e i nostri corpi!

Tutto questo viene portato avanti nel clima di intimidazione che il governo ha creato con i suoi attacchi all’ospedale Careggi di Firenze. Stanno attaccando le persone trans* quando sono più vulnerabili, cioè quando sono più piccole, e stanno cercando di zittire le loro famiglie. Stanno mettendo in discussione l’uso della triptorelina, un farmaco che le persone piccole cisgender prendono per garantire la loro salute, ma le stesse terapie per le persone trans* e gender questioning non vanno bene. C’è un motivo se queste cure gli vengono negate: per non farle crescere come persone trans*.

Di fronte a queste volontà politiche la nostra risposta è la mobilitazione. Dobbiamo mobilitarci e fare rete per essere noi stessx come comunità a darci il supporto minimo che lo Stato ci vuole negare.

Per questo vogliamo chiamare a raccolta tutta la comunità LGBTQIA+. Vi chiediamo di unirvi a noi nella costruzione di strumenti di lotta, e nella costruzione di reti che saranno le nostre reti di sicurezza quando decideranno di toglierci ogni diritto. Oggi noi siamo al margine del genere, ma domani toccherà a voi.

Dentro di noi c’è la paura, ma c’è anche tanta rabbia. Oggi e sempre, siamo a fianco di chi sta nel margine, e dal margine lancia una bottiglia.

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