Tette queer

Con il Gruppo Donnə di Arcigay Torino abbiamo pensato a un laboratorio su uno di quei temi di cui parliamo sempre ma a cui non pensiamo mai: le tette.

Ci vediamo sabato 22 giugno in CasArcoaleno per un laboratorio transfemminista e un cerchio di dialogo sulle esperienze nostre e delle nostre tette. L’evento è aperto a chiunque, a qualunque tipo di tette e anche di non-tette; agli uomini cisgender chiediamo di partecipare principalmente come uditori.

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Come gruppo transfemminista, parlare di tette è stato confrontarci innanzitutto con quello che intendiamo quando parliamo di tette, sulla quel gap che c’è la nostra idea comune di tette e quello che il nostro corpo con la sua materialità comporta. È stato parlare di socializzazione, di quando e come impariamo a vederci in un certo modo, di quando e come una parte del nostro corpo diventa “tette”, e di quali sono le conseguenze.

Per quasi tuttɜ ha coinciso con la scoperta che, dopo una certa età, devi andare al mare con anche il costume di sopra. Che devi essere nascosta, ma anche essere protetta. Che le tue tette, e il tuo corpo tutto intero sono innanzitutto preda, terreno da conquistare, per quell’eterosessualità che, ci fanno notare alcuni autori, tende a parlare dei corpi femminili come delle terre a Ovest.

Nello spazio del Gruppo Donnə, in cui i corpi sono femminilizzati, lesbici e bi/pansessuali, parlare di tette è stato fare i conti con quella parte di patriarcato che non è più là fuori, ma nelle pratiche e nello sguardo che ognunə di noi proietta su sé stessə. Noi siamo mai abbastanza, o non lo siamo nel modo giusto, i nostri corpi da disciplinare che oppongono resistenza quando li vorremmo più belli, più magri, più conformi. Pensavo che fosse una prerogativa delle donne, non essere mai abbastanza, ma adesso penso che sia una prerogativa di ogni genere. Cos’è il genere? Quella cosa per cui non sei abbastanza.

E infine, dopo tanta fatica per vivere e raccontare le nostre tette, è stato anche un piccolo momento per celebrarle. Tette queer, le ho chiamate, perché acquisiscono un altro significato quando testimoniano la riappropriazione radicale dello sguardo dissidente. E a volte una scintilla di questo sguardo si accende proprio nei momenti di condivisione.

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